sabato 24 dicembre 2011

Perché educare alla cooperazione ( a distanza)?

Il Bambino Autore: Comunicare e Cooperare a distanza

Rita Levi Montalcini nel suo libro “I nuovi magellani nell’er@ digitale” utilizza la metafora del viaggio effettuato per scoprire nuove rotte oceaniche e terre ancora sconosciute in cui ci si doveva misurare soprattutto con il tempo e lo spazio per definire la nuova generazione di adolescenti i nuovi magellani. A differenza dei loro predecessori i nuovi viaggiatori sono liberati dai vincoli dello spazio e del tempo potendo “navigare” in uno spazio sconfinato percorribile praticamente in tempo reale.

Questa generazione, che è formata dai ragazzi che frequentano la scuola primaria oggi, sarà pertanto multiculturale e abituata a convivere con varie etnie.

In un periodo in cui il mondo sta vivendo un processo di globalizzazione dell’informazione grazie soprattutto all’utilizzo di Internet, i paesi poveri si trovano ancora in uno stato di forte arretramento tecnologico e quindi con l’impossibilità di accedere a questo bagaglio illimitato di informazioni e conoscenze in ogni settore dello scibile umano.

Per aiutare i paesi in via di sviluppo ad accedere alle conoscenze mondiali è indispensabile sviluppare la rete di conoscenze simultanee ora possibile tramite internet.

Le future generazioni, pur rimanendo nella loro postazione locale, potranno comunicare con altri giovani che stanno in luoghi lontanissimi, dall’altra parte del globo, e mettere in comune le conoscenze scientifiche, economiche e sociali indispensabili per uno sviluppo paritario.

Grazie alla tecnologia e ad Internet sarà quindi possibile sviluppare altre forme di collaborazione tra paesi ricchi e paesi poveri attraverso lo sviluppo di attività cooperative.

Scopo quindi della scuola e degli insegnanti è di educare le future generazioni anche all’utilizzo della tecnologia per favorire le attività di comunicazione e cooperazione a distanza tra gli esseri umani.

Da qui l’importanza che la scuola non si fermi al semplice insegnamento dell’aspetto tecnico, anche se una buona padronanza dello strumento è sicuramente importante, ma insegni soprattutto ad utilizzare gli strumenti tecnici per educare alla cooperazione e alla solidarietà umana.

Quasi tutte le scoperte tecnologiche hanno avuto un inizio piuttosto difficile. La cultura del momento non era spesso in grado di prevedere uno sviluppo diverso da quello che appariva più immediato e semplice da realizzare oltre che vicino alla tradizione.

Anche per l’informatica a scuola si sta ripetendo la stessa cosa.

Il computer è uno strumento che viene utilizzato secondo lo schema della lezione tradizionale, senza riflettere sul linguaggio specifico e che cosa questo consenta di fare con il computer. Ecco quindi il proliferare di programmi didattici per l’insegnamento delle operazioni, delle tabelline, ecc. come se il Bambino fosse un contenitore pronto a rispondere in base a quello che si introduce.

In altre parole è la stessa pedagogia di prima dell’avvento di questa tecnologia solamente vestita un po’ a festa.

domenica 18 dicembre 2011

Il problema dello zapping

Sono un maestro da molti, forse troppi, anni e non riesco a staccarmi dalla mia prassi scolastica. Uno dei problemi, forse il problema, della scuola di oggi è la valutazione.
Il Consiglio Europeo riunitosi a Lisbona ha definito le competenze indispensabili per i ragazzi e tra queste ha inserito anche le competenze digitali.
Oltre alla scontata alfabettizzazione informatica sono indicate come competenze irrinunciabili la capacità di collaborare in rete e l'acquisizione di uno spirito critico nella ricerca in internet.

Il problema della navigazione in Internet, oltre alla sicurezza dei bambini su cui si sta muovendo molto bene Telefono Azzurro", riguarda anche l'utilizzo passivo fatto dai ragazzi, e magari dagli insegnanti che sono passati dal fotocopiare il programma scolastico da qualche rivista didattica e fare un copia e incolla da Internet.

Il problema dell'uso passivo degli strumenti multimediali esiste da molto tempo prima del computer ed ha avuto una esplosione con l'ingresso della televisione, negli anni settanta, nelle aule scolatiche.

Le trasmissioni riservate alle scuole erano poche. Si trattava soprattutto di documentari e ricostruzioni romanzate di avvenimenti o personaggi storici.
Gli insegnanti si divisero subito in due fronti: i favorevoli all’innovazione e i contrari.
Questi ultimi sostenevano che i ragazzi stavano già troppo tempo davanti al televisore a casa propria e che quindi non fosse il caso di fare altrettanto a scuola.
Consapevoli dell’importanza che stava assumendo la televisione e tutta la multimedialità in genere, una parte degli insegnanti aderenti ad alcuni movimenti educativi tra cui l’MCE , si posero, invece, l’obiettivo di rendere i ragazzi consapevoli del mezzo televisivo e del suo utilizzo per essere in grado di scegliere coscientemente.
Si ritenne indispensabile quindi studiarne il linguaggio imparando a produrre direttamente la televisione.
Nacquero così diverse esperienze di film e documentari prodotti integralmente dai ragazzi.
Se pure le scuole si dotarono lentamente di cineprese, telecamere e videoregistratori, a livello istituzionale bisognerà però attendere i Nuovi Programmi dell’85 (DPR 104) per vedere l’Educazione all’Immagine entrare a pieno titolo nei programmi scolastici delle elementari.
Grazie al videoregistratore divenne possibile smontare e rimontare un programma televisivo, fermarsi su una sequenza più volte, analizzare in modo approfondito un fermoimmagine, Un’esperienza per molti aspetti stimolante.
Purtroppo le caratteristiche dell’organizzazione scolastica, troppo rigida per poter dare spazio ad attività laboratoriali che richiedono invece una organizzazione flessibile dell’attività didattica e le difficoltà tecniche di utilizzo di questi strumenti (telecamera, moviola per il montaggio, sonorizzazione…,) concorsero a far cessare queste esperienze, lasciando campo libero all’uso tradizionalmente passivo della televisione, che ora serve al massimo per vedere qualche documentario.
Anche nell’utilizzo della telecamera si è verificata una involuzione. Nella maggior parte dei casi ormai viene utilizzata solamente per filmare i bambini durante le uscite, le gite, ecc. Si tratta di un uso molto convenzionale della telecamera, senza nessun approfondimento della struttura filmica, della grammatica e della sintassi delle immagini.

E' ora la volta di Internet e bisogna evitare che il bambino ripeta lo zapping come con il televisore ma fare in modo che diventi un bambino consapevole nell'utilizzo della rete.

Vorrei ritornare al problema della valutazione perchè da diversi anni sto cercando di capire come valutare le

competenze digitali nei bambini. Dall'anno scorso sto partecipando ad una sperimentazione condotta dall'ANSAS per la validazione di alcune prove che stiamo preparando per valutare le competenze nei bambini di 4 elementare e nei ragazzi della 2 media inferiore.
L'aspetto interessante di questa sperimentazione è che non stiamo utilizzando test o prove modello Invalsi ma delle prove situate attraverso la metodologia del problem solving.

La prova consiste in una indagine, sullo stesso argomento, utilizzando tre diversi siti e il bambino/ragazzo deve valutare la diversa attendibilità delle informazioni trovate.

Obiettivo di questa prova è di valutare quanto l'allievo sia in grado di riflettere criticamente sull'informazione e di valutarne la validità.

Rimane ora l'altra competenza fondamentale, che in questa epoca di web 2 sta assumendo una importanza fondamentale, che è la collaborazione in rete.

Vorrei parlare di questo magari assieme a Maurizia, che sta conducendo con me un progetto che si basa su questo, e Gaetano di Enna che ha lavorato e sta lavorando anche quest'anno.